La tradizione medievale descrive un’antica terra situata oltre il confine sud-occidentale dell’Inghilterra. Vi è in questa leggenda qualche elemento di verità? Il primo accenno scritto a una terra scomparsa al largo della costa della Cornovaglia è contenuto nell’Itinerario di Guglielmo di Worcester, del XV secolo. Egli parla di boschi, campi e 140 chiese parrocchiali, attualmente tutti sprofondati, tra il Monte e le isole Scilly; il paese sommerso era la terra perduta di Lyonesse. L’antiquario Richard Carew, nativo del Cornovaglia, fu forse il primo a identificare il regno svanito nel mare con la Lyonesse della leggenda di Artù; egli scrisse che il mare devastò completamente il territorio. Sull’esistenza di Lyonesse restano le seguenti prove: lo spazio fra Land’s End e le Isole Scilly, che occupa una trentina di miglia, conserva ancora oggi quel nome nella lingua della Cornovaglia, Lethosow, e misura in ogni punto una profondità di 40-60 braccia, fatto abbastanza insolito nel mare aperto. Inoltre a metà strada fra Land’s End e le Isole Scilly vi era un gruppo di rocce detto “le Sette Pietre”, che delimitava una zona nota nel dialetto locale come Tregua, “una dimora”. Alcuni pescatori riferirono di aver recuperato in questo punto resti di porte e finestre. Come Atlantide, Lyonesse/Lethosow è diventata un potente simbolo che esprime il rimpianto per un’Età dell’Oro ormai perduta e, nel caso della Cornovaglia, per un passato più glorioso del presente.
LYONESSE E I CELTI
La storia di Lyonesse ha un equivalente in Bretagna, dove, nelle profondità della Baia di Douarnenez, giace sommersa la grande città di Ker-Is. Benché non esistano prove di un’alluvione di vaste dimensioni avvenuta in quei tempi in area celtica, può darsi che maree eccezionalmente alte, come quelle del 1953 nella costa orientale inglese, abbiano provocato un disastro locale. E’ possibile che, quando i monaci dell’Abbazia di Mont Saint-Michel, in Bretagna, fondarono in Cornovaglia la casa figlia di St Michael’s Mount, abbiano portato con sé la storia dell’inondazione. I discendenti dimenticarono il luogo esatto della catastrofe e lo collocarono dove esistevano delle prove, sotto forma di edifici sommersi. Per quanto riguarda l’epoca, essa divenne naturalmente quella eroica dei Celti e di Re Artù.